La figura della vendita con riserva della proprietà è stata introdotta dal Codice civile del 1942, in ossequio ad una prassi consolidata che utilizzava tale strumento, riconosciuto come vendita a credito dalla giurisprudenza, pur in assenza di esplicita normativa del codice abrogato.
La funzione di tale fattispecie consiste nell’offrire l’immediato godimento del bene al compratore che non sia in grado di pagare subito il prezzo alla consegna, posticipando, però, l’effetto traslativo al momento del pagamento dell’ultima rata e, al contempo, nel predisporre una garanzia per il venditore, attraverso la clausola di riserva della proprietà, per il caso di inadempimento del compratore.
Nonostante il codice abbia introdotto un’apposita disciplina, molte sono le problematiche che investono tale fattispecie.
Anzitutto, si pone il quesito se il dettato normativo sia da intendersi in modo tassativo, con la conseguenza che la fattispecie sia limitata esclusivamente alla vendita a rate. Infatti, nonostante il tenore letterale della norma appaia univoco, sia la dottrina dominante che la giurisprudenza ammettono in generale vendite con riservato dominio senza pagamento rateale ma con differimento del prezzo e, viceversa, vendite con pagamento rateale senza riserva della proprietà.
Il secondo problema attiene alla individuazione della natura giuridica della figura in esame, attraverso l’analisi principalmente di tre posizioni: quella che la riconduce alla vendita obbligatoria, quella che la riconduce ad una vendita sottoposta a condizione e quella secondo cui con essa si realizza un’acquisizione di un diritto reale al momento della stipulazione del contratto.
La tesi della vendita obbligatoria è soggetta a critica sulla base del fatto che nella vendita con riserva di proprietà non è configurabile un’obbligazione ulteriore del venditore di trasferire diritto: infatti, l’effetto traslativo dipende esclusivamente dal compratore, il quale, pagando il prezzo, diventa proprietario della cosa senza che sia necessario un nuovo atto traslativo. L’unico obbligo del venditore che si possa intravedere è un obbligo negativo, consistente nel non impedire o nel non compiere atti che possano turbare l’acquisto del compratore.
La vendita con riserva di proprietà può essere ricondotta alla vendita sottoposta a condizione sospensiva, sulla base del fatto che l’efficacia del contratto è subordinata ad un evento futuro e incerto, quale il pagamento dell’ultima rata di prezzo. Proprio in virtù di tale incertezza, il legislatore ha previsto come differito il passaggio del diritto di proprietà.
Le critiche a tale impostazioni sono essenzialmente due: l’impossibilità di dedurre in condizione l’adempimento dell’obbligazione, cosa che, invero, la giurisprudenza più recente ha ammesso, e l’irretroattività dell’effetto traslativo col conseguente inoperare della retroattività ordinaria della condizione, posto che gli obblighi di consegna e di pagare il prezzo sorgono al momento della conclusione del contratto.
Infine, si può valutare come la vendita con riserva di proprietà effettivamente mantenga una forma di diritto reale in capo al venditore nella struttura di un diritto reale tipico di garanzia, ipotizzando che venga trasferito al compratore sin dal momento della stipula del contratto un diritto reale, per lo meno di aspettativa.
In realtà, tale interpretazione sembra discostarsi troppo dall’inciso normativo e, inoltre, non tiene conto del bilanciamento degli interessi delle parti che la figura della vendita con riserva di proprietà vuole attuare.