Quando si comincia a parlare degli oscillatori è difficile usare parole semplici.
Proveremo comunque a farlo e volontariamente eviteremo di approfondire le relative formule matematiche e modalità di calcolo, cercando invece di spiegare per ogni oscillatore quale aspetto dell’evoluzione del titolo cerca di mettere in risalto e quale intuizione è alla base della sua costruzione.
Il compito di calcolarli li affidiamo, per nostra grazia, a software specializzati “pagati” per far questo!
Si chiamano oscillatori perchè il più delle volte si rappresentano con una linea che oscilla intorno un valore (solitamente lo 0) o all’interno di un campo delimitato (solitamente 0-100).
In base alla posizione dell’oscillatore si deduce se il titolo oggetto di analisi si trova in posizione di ipercomprato (eccesso di pressione della domanda) o in ipervenduto (eccesso di pressione dell’offerta).
Spesso gli oscillatori si usano anche come campanelli d’allarme.
Questo, quando il titolo ed il corrispettivo oscillatore sono divergenti, cioè vanno in direzioni opposte, oppure quando i massimi o minimi del titolo non sono confermati da quelli del proprio oscillatore.
La sensibilità dell’oscillatore aumenta al diminuire del periodo temporale su cui lo si calcola.
Non conviene diminuire troppo tale periodo perchè così facendo aumenteranno i segnali col rischio di avere numerose indicazioni contrapposte provenienti da oscillatori diversi.
Si finisce nel caos e non si riescono più a distinguere i segnali buoni da quelli “falsi”.
Per adesso ci limitiamo a spiegare gli oscillatori di uso più frequente i cui valori o grafici sono spesso riportati anche sui giornali finanziari.