Inauguriamo la sezione pillole di Finanza con un termine spesso utilizzato dai giornalisti economici, ma non sempre chiaro nel suo significato e funzionamento. Veniamo al suo significato; VIX sta per Chicago Board Options Exchange Market Volatility Index e si tratta di un indice che misura la volatilità implicita nel prezzo delle opzioni, ovvero di un indice che misura il prezzo che gli operatori sono disposti a pagare per assicurarsi la facoltà (ma non l’obbligo) di scommettere al rialzo e al ribasso sull’indice S&P500. Nasce nel 1993 ed è correlato al paniere azionario formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione.
Risulta essere soprannominato anche “indice della paura” dato che una previsione di alta volatilità è spesso accompagnata da bruschi cali nei mercati azionari. Il mercato in ribasso genera, infatti, una volatilità maggiore e più rapida rispetto ad un rialzo del mercato, il più delle volte lento e con volatilità meno accentuata.
Le tesi ed i ragionamenti previsionali che stanno alla base del VIX sono frequentemente oggetto di discussione e critiche, ma non mancano dati storici a sostegno della tesi che sta alla base dell’indice di volatilità.
Negli ultimi mesi del 2008 l’indice VIX è arrivato a superare quota 80 (nel momento in cui scriviamo è a quota 16,05) anticipando il successivo tracollo dell’indice SP500. Oggi si attesta a valori inferiori a 20 visto che gli operatori di mercato si attendono periodi di stabilità, almeno per il mercato azionario americano. Con valori del VIX superiori a 40 ci si attende, il più delle volte, alta volatilità dai mercati azionari.